Nato a Formia (LT) il 21 agosto 1966, diplomato in Pittura nel 1989 all’Accademia di Belle Arti di Roma, insegna Decorazione e Installazioni Multimediali all’Accademia di Belle Arti di Frosinone.
E’ un artista poliedrico; è un musicista, un artista visivo, fa video, installazioni, performance. Negli ultimi anni la sua poetica si è concentrata soprattutto sulla produzione di video, di immagini fotografiche, ma anche di quelli che lui definisce blitz. Considerandoli a cavallo tra arte urbana e performance, l’artista compie azioni a volte sorvolando con aerei, altre proiettando immagini o scritte su edifici in rapidi raid notturni, altre ancora arrivando in luoghi con elementi di forte disturbo e impatto visivo, come cartelloni finto-elettorali. Ibridando etica ed estetica, tecnologia e azioni comportamentali, De Luca reclama l’interazione con l’ambiente e il pubblico, denunciando, tra ironia e impegno, la crisi di valori di questo nostro tempo.
L’utilizzo di molteplici e differenti registri linguistici ha da sempre caratterizzato la sua progettualità e conseguentemente le scelte metodologiche ed operative, lasciando intendere che il denominatore comune è nella necessità di scardinare le certezze, di rompere i codici della formalizzazione espressiva, per tendere un tranello alla realtà, sorprendendola alle spalle. Decodificare la trama della ragnatela che l’artista tesse, costruendo funambolici equilibri tra segni di natura diversa, è il compito del pubblico, chiamato a una partecipazione attiva da un’interrogazione che non può essere elusa.
Pur lavorando su molti campi, nella poetica di Iginio de Luca si riconosce un’unità di concetto, che lo qualifica come artista tra i più originali dell’attuale scena italiana.
Recent Portfolios
Catalogo Artisti
Ordina video
Video disponibili:
Gemelli d‘Italia, 1’25’’, 2009- 2019 Gli scambi striduli e fastidiosi di tre personaggi surreali; tre inquietanti “gemelli” che con i loro dialoghi isterici si lanciano suoni, sovrapponendosi l’uno con l’altro. Metafora di molte Italie che non comunicano perché non si ascoltano, il video visualizza la dimensione grottesca di una nazione e di un popolo dalle tante anime.
Uno per tutti, 2’08”, 2018 L’inno ufficiale dell’Unione europea è costituito da un brano del movimento finale della Nona sinfonia di Beethoven, chiamato anche Inno alla Gioia della durata di 1’03’’.
Divido i 63 secondi dell’inno per 28 (i Paesi che formano l’Unione) e scompongo il brano in frammenti di poco più di 2 secondi l’uno. Un banale calcolo matematico diviene generatore di metafore, pretesto numerico che spezza il suono e smembra l’Inno attraverso 28 tracce audio con le rispettive 28 pause.
I brandelli di note sfigurano la musica e l’Europa, vanificandone simbolicamente la continuità sonora che disorienta l’ascoltatore ormai privo di riferimenti logici e consequenziali. I 28 mini-inni sono la metafora di un’Europa parcellizzata che stenta a compattarsi e rifugge un contesto corale scivolando compulsivamente in una dimensione autoreferenziale ed egoistica, separando più che aggregando, dividendo più che sommando.
Pole dance, 2’18”, 2017 Sui titoli iniziali del video c'è musica commerciale, aggressiva e alla moda, è quella di Britney Spears che annuncia contesti seducenti e seducenti, anche attraenti dal punto di vista sessuale. Su uno degli distacchi musicali compaiono infine le immagini che rivelano uno scenario completamente diverso: un monumento ai caduti della prima guerra mondiale e sulla destra la bandiera italiana sventola appesa a un palo. I concetti sopra elencati potrebbero paradossalmente adattarsi anche a quest'area: l'Italia che balla
Solarium, 9’14” 2015 Il video insiste frontalmente su una sola immagine, immobile e sospesa o impercettibilmente transitoria, in cui convivono sublimità e banalità, fasto e desolazione, bellezza e disfacimento, naturalità e messa in scena. Fotogrammi di una realtà fittizia, accattivante e perfino patinata, esposta 24 ore su 24 in composizioni ordinate alla luce artificiale che esalta i colori e le forme e cela in una reiterata sospensione temporale l’inevitabile decomposizione. Attraverso un semplicissimo meccanismo audio, il video si alterna continuamente tra stasi e dinamismo, tra passività e movimento, tra vita e morte. Ogni volta che un elemento attraversa la telecamera il sonoro del contesto entra in azione per sparire nel momento in cui il dispositivo esce di scena: una macchina, un passante, una bicicletta, un motorino, tutti pretesti di attivazione acustica che svelano l’immagine filmata rispetto a quella fotografica che si percepisce nel momento in cui non succede niente e tutto è fermo. Il lavoro mette in atto una riflessione sull’ambiguità della percezione che trasforma la banalità del quotidiano nell’intera metafora dell’esistenza.
Sanrocco, 1’35”, 2014 Il 16 agosto si festeggia San Rocco, patrono di Campodimele, il paese di mio padre in provincia di Latina. Dopo la messa, la processione e la banda itinerante, la sera il Santo viene salutato con i fuochi di rito. Spostare il punto di vista sulle persone vuol dire osservare chi non è festeggiato e vive di luce riflessa, quella sfavillante dei giochi pirotecnici. I Lampi intermittenti bloccano le figure sorprese in flash improvvisi, a metà tra la paura e lo stupore.
L’Italia è il paese che amo, 2′ 53″, 2010 L’Italia è il paese che amo, 2 ′ 53 ″, 2010
La rischiosa giustapposizione di contesti diversi fa scattare un corto circuito tra due realtà; spensierata e vacanziera, l'altra politica ad alto contenuto sociale.
Il discorso storico, la "discesa nel campo" di Silvio Berlusconi del lontano 1994 segna drammaticamente la storia italiana degli ultimi decenni. Un'irruzione epocale di un nuovo e inquietante soggetto elettorale che cambia il vecchio scenario politico.
Nel video la sua voce vincente e rassicurante funge da colonna sonora per le danze estive di importazione commerciale-caraibica dove alcuni movimenti si ripetono in un ciclo per quelli che non vogliono pensare ed esibirsi solo; movimenti estranei all'Italia, movimenti d'importazione a basso costo e zero affaticamento intellettuale. Tutto il resto del video è affidato a coincidenze involontarie che generano tutte le metafore paradossali.
Nato a Formia e
residente a Roma, 3:00, 2010 Due inquadrature, due paesaggi, uno al dritto e l'altro capovolto che si toccano al centro; i luoghi da cui ho ripreso questi orizonti appartengono alla mia nascita (l'ospedale di Formia) e alla mia attuale residenza (il terrazzo condominiale del mio studio da cui si vede una parte di Roma). La ripresa è sena cavalletto e ognuna segue un iter casuale, contemplativo. Si crea così un'altro paesaggio, frutto del continuo slittare di un contesto sull'altro.
Courtesy Galleria Martano, Torino.
Convention, 1:49, 2010 L'esordio del video è istituzionale e patriottico; la bandiera sventola e l'inno è trionfale. L'inquadratura si allarga e nel campo entrano via via bandiere e più inni nazionali. Sotto compare l'insegna di un tabacchi. La musica diventa caotica, ormai non si distinguono più le singole melodie, regna il caos sonoro. Così il senso del lavoro è totalmente stravolto e quello che era l'inizio ora non è certo la fine.
In collaborazione con Galleria Martano, Torino
Manica a vento, 3’02”, 2009 Il video è un lavoro ironico e metaforico sulla situazione attuale del nostro paese.L’ inno di Mameli accompagna l’ immagine di una bandiera che a seconda di come soffia il vento si orienta a sinistra o a destra dello schermo.
Questo movimento guida anche lo scorrere della musica che, se la bandiera sventola a sinistra, s’inceppa e gira al contrario, portandoci indietro nel tempo.
Le immagini, e al tempo stesso l’audio, sono un pretesto per riflettere sulla pseudo ufficialità delle Istituzioni, smitizzandone il potere.
In Collaborazione con Galleria Martano, Torino
C6 H8 06, 2’01”, 2008 Un’ aspirina che si scioglie in un bicchiere d’acqua. L’inquadratura ingrandisce l’immagine in modo che il soggetto non viene riconosciuto subito.
Il lavoro mette a confronto, in modo anche ironico , due diverse dimensioni spaziali (micro e macro) e due contesti apparentemente distanti tra loro, uno quotidiano e l’altro cosmico.
In collaborazione con Galleria Martano, Torino
L'urdemo emigrante, 2’45”, 2008 Un pupazzo gonfiabile animato da un getto d’aria. Come sfondo una strada provinciale ad alta frequentazione. Fa da colonna sonora al video la canzone “L’urdemo emigrante” di Mario Merola. Una riflessione agrodolce sul viaggio e l’emigrazione.
In collaborazione con Galleria Martano, Torino
Città Natale, 1:55, 2008
Rumori, sirene, traffico... i suoni notturni di una città che vive il caos quotidiano di fine giornata.Le luvi colorate, intermittenti e cangianti, sono le uniche spie di tanta attività sonora. Poco dopo il campo si allarga, l'inquadratura permette di scorgere intorno.... niente altro che un piccolo albero di natale sintetico a fibre ottiche che, sparuto e solitario, emette timide efervescenze luminose.
In collaborazione con Galleria Martano, Torino
Duecentosettanta°, 3:33, 2007 Un volto di una donna, rilassato e tranquillo, il contesto è naturale, terra cielo e alberi. poco a poco il paesaggio scorre dietro al volto, è la donna che si muove o è lo sfondo sul retro? Dopo aver attraversato gli alberi, la donna atterra" di nuovo sul prato ma ormai il mondo è capovolto e completamente deformato.
In collaborazione con Galleria Martano, Torino
Autofocus, 04' 10", 2006 E' un video-autoritratto, un gioco realizzato per alternare dramma, stupore e ironia. Su entrambe le immagini (i miei genitori) cerco di sovrapporre il mio volto, tentando il miracolo di ridare vita a figure statiche.
In collaborazione con Galleria Martano.
O dentro o fuori, 1:19, 2006 A tratti un acquario viene scosso da apparenti scariche elettriche; i pesci si agitano a ritmo frenetico, impazziscono. Condizione interna o esterna? Pesci o api? Acqua o aria? I dubbi sulla realtà banale e quotidiana sono i atroci, ma anche i più comici.
In collaborazione con Galleria Martano.
Se queste mura potessero
parlare, 3:29, 2005-2008 Il lavoro consiste in uno schema planimetrico che orienta a 360° una serie di mini-film girati in super otto da famiglie degli anni 60'-70'. Il titolo del lavoro si rifà alla metafora comune che vede protagoniste le nostre pareti di casa trasformate in spugne visive e sonore, contenitori di vita domestica e di memorie familiare.
In collaborazione con Galleria Martano.