Nata a Brescia nel 1968
Vive e lavora a Verolanuova (BS)
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Fatti raccontare come è andata - 10:37, 2015
In poche parole le portavano via tutto ciò che le era caro... è così che Sara si oppose, insistentemente, giorno dopo giorno, perché difendere il proprio gioco significava proteggere il suo territorio.
E alla fine come è andata la storia ce lo dice il di-segno.
Il video ripropone attraverso la metafora del gioco universale della Campana - legato alla memoria dell'infanzia di generazioni di bambini in ogni tempo e in ogni luogo - la determinazione ad agire per salvaguardare il proprio pezzo di "mondo", lo spazio dell'esperienza che la protagonista va costruendo attraverso i suoi disegni, tracciando, aggiustando, apprendendo per prova ed errore. E' per conservare il diritto di continuare a giocare che la bambina difende lo spazio che costruisce attorno a sé ridisegnandolo ogni giorno con un segno sempre più marcato. Come la protagonista del video Io dico che ci posso provare (2008) era costretta a trovare di volta in volta nuove strategie di superamento dei muri, Sara non si rassegna ma si appropria di quello spazio prendendosene cura e negando, a sua volta, la cancellazione: se qualcuno dall'esterno distrugge il suo gioco, ogni giorno la bambina lo riproduce sul cemento attraverso l'azione del disegno. Ciò comporta una fluttuazione di segni che si stratificano sommando disegno e sua negazione, in una traccia che si fa sempre più evidente, si sgrana e poi si ridefinisce, viene sfumata per poi rinascere dalle "macerie" fino a costituire la struttura di un'immagine della memoria che racconti come è andata la storia.
Muovo sonnambula al mondo, 2'00", 2012
..e vado per associazioni mentali > sonnambula > disorientata > inadeguata > smarrita > turbata > stonata > incerta > fuori tempo > oltre le coordinate spaziali > stravolgimento dei sensi > sproporzione > modificazione corporea > troppo piccola o troppo grande > non conforme > sovvertimento fisico > e psicologico > schizofrenia visiva > lievitazione > universo parallelo > fuga dalla realtà > varcare la soglia > cambio di dimensione > distruzione delle regole > mondo alternativo (se ci fosse sarebbe assurdo?) > insufficienza cacofonica > separazione > dislessia > sbagliata > irregolare > asimmetrica > acrobata > sul filo > sottosopra > ribaltamento cielo \ terra > a testa in giù > esangue >
Io dico che ci posso provare, 11'45", 2009 Una bimba attraversa saltellando uno spazio indefinito: niente dapprima sembra ostacolare il suo gioco; alla piccola ogni azione e' permessa, cosi' come ogni suo desiderio di entrare in relazione con il mondo che la circonda. Questa atmosfera giocosa pero' gradualmente si modifica; tra la bambina e quella che dovrebbe essere l'area delle sue manovre si generano degli impedimenti, degli scogli, che intralciano fisicamente i suoi movimenti e la obbligano a trovare delle scorciatoie. Di fronte a questi intoppi, che metaforicamente rimandano a barriere mentali oltre che fisiche, la bimba, come ognuno di noi, trova delle strategie che l'aiutino ad aggirare gli ostacoli. Di fronte ad un muro che si erge in modo incontrollabile, la piccola protagonista recupera scale, sgabelli, sedie; davanti ad una lamiera che le taglia inaspettatamente la strada, invece picchia i pugni nel tentativo vano di riuscire a spostarla.
Burle, scherzi del destino, inconvenienti che destabilizzano il nostro equilibrio, questi blocchi rimandano alle contrarieta' che tutti dobbiamo fronteggiare e che crescono con noi, si amplificano in larghezza e in altezza, proprio quando avevamo l'illusione di essere diventati piu' grandi e piu' forti.
Eppure la piccola non si da' per vinta e insiste nel trovare un'alternativa, s'intestardisce alla ricerca di una scorciatoia possibile mettendo in atto una resistenza creativa. La mancanza di coordinate spaziali rende piu' instabile la sua condizione, impedendole di prevenire la direzione degli eventi e di anticiparli: trovarseli davanti significhera' fermarsi per escogitare un piano e cercare una soluzione, per difendersi e continuare a giocare.
La bimba protagonista del video, Chiara, e' l'autrice della frase che da' il titolo al video.
Noli me tangere, 6'40", 2007
Con Noli me tangere Armida Gandini ripropone attraverso il linguaggio del video la stratificazione formale che caratterizza il suo lavoro di disegno abbinato alla fotografia, sovrapponendo immagini filmate ad immagini di animazione. La scena si colloca in un limbo asettico, pervaso da un'atmosfera sospesa e carica di presagi, che lascia intendere cambiamenti improvvisi e imprevedibili. Forse i pericoli che arrivano dal quotidiano, ma anche dalla natura (basti pensare alle catastrofiche notizie che il mondo della scienza sta diffondendo come ammonimenti), rappresentati visivamente da insetti e uccelli, che invadono lo spazio in cui si trova solitaria la protagonista femminile (un omaggio al celebre film di Hitchcock). Sono il colore nero che si insinua in campo bianco, il pieno che invade il vuoto, e, penetrandolo, lo attraversa fino a saturarlo; sono le esperienze che trascorriamo e che definiscono la nostra identità, le paure reali o immaginarie, gli incontri e le crisi che ci cambiano la vita, per ritornare ad esserci, ad agire, ogni volta con una nuova corazza inevitabilmente tracciata sulla nostra pelle.
È un desiderio vano e infantile quello di non essere toccati dagli eventi? tornano in mente le parole di Oscar Wilde che nel De profundis affermava "Respingere le proprie esperienze equivale ad arrestare il proprio sviluppo. Rifiutare le proprie esperienze significa porre una bugia sulle labbra della propria vita".